Come reagire alla diffamazione

Come reagire alla diffamazione. Sono stati individuati cinque livelli di gravità della diffamazione, relativi alla gravità della diffamazione posta in essere: tenue, modesta, media, elevata ed eccezionale. In particolare, in materia sono stati dettati alcuni criteri orientativi pubblicati nel 2018 dall’Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano, dai quali si possono ricavare le seguenti valutazioni di gravità:
Gravità tenue: ovvero, assente notorietà del diffamante, tenuità dell’offesa, limitata diffusione della notizia, assente risonanza mediatica, bassa intensità dell’elemento soggettivo, intervento riparatorio/rettifica del convenuto.
Risarcimento: da €1.000 a €10.000.

Gravità modesta: ovvero, modesta notorietà del diffamante, limitata diffusione del mezzo diffamatorio, modesta/assente risonanza mediatica, modesta intensità dell’elemento soggettivo.
Risarcimento: da €11.000 a €20.000.

Gravità media: ovvero media notorietà del diffamante, gravità delle offese attribuite al diffamato (sia sul piano personale che professionale), media/significativa diffusione del mezzo diffamatorio. Natura eventuale del dolo.
Risarcimento: da €21.000 a €30.000.

Gravità elevata: ovvero elevata notorietà del diffamante, uno o più episodi diffamatori di ampia diffusione, notevole gravità del discredito ed eventuale rilevanza penale/disciplinare dei fatti attribuiti al diffamato, elevato pregiudizio al diffamato, risonanza mediatica della  diffamazione, elevata intensità dell’elemento soggettivo.
Risarcimento: da €31.000 a €50.000.

Gravità eccezionaleRisarcimento più di € 50.000,00

Ciò precisato, analizziamo quali sono gli strumenti giudiziari per reagire alla diffamazione. Innanzitutto, occorre sapere che la persona offesa, se vuole perseguire il/la responsabile della diffamazione, deve depositare la querela entro 3 mesi che decorrono dal momento in cui si è avveduto del testo pubblicato sul social network. In ambito civile, l’art. 2043 dispone che «qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno».

Se si vuole sono ottenere il risarcimento danni, ai sensi dell’art 2043 c.c, il termine entro il quale dovrà agire in giudizio è di 5 anni, ma si precisa che tale termine è di prescrizione e non di decadenza, quindi sarà sufficiente inviare una raccomandata per interrompere i termini di prescrizione.

In particolare, per quanto riguarda il danno non patrimoniale, non vi sono criteri precisi per la sua quantificazione, pertanto occorre considerare una serie di indici individuati dalla giurisprudenza, tra i quali: il tipo di diffamazione, l’intensità del dolo del diffamante (dolo generico, dolo eventuale, colpa), la diffusione del mezzo di comunicazione utilizzato, la notorietà del diffamante e del diffamato, la frequenza delle condotte diffamatorie, la sofferenza psichica e il turbamento dell’animo dell’offeso, il tipo e la rilevanza delle conseguenze dannose prodotte, eventuali condotte riparatorie o rettifiche successive, il tempo trascorso tra il fatto e il processo.

Chiariamo, inoltre, che qualora la Procura della Repubblica esercitasse l’azione penale nei confronti del responsabile della diffamazione, la persona offesa dal reato potrebbe costituirsi parte civile nel processo penale e quindi richiedere i danni in tale sede.
In conclusione, va considerato che i social network non costituiscono un ambito esente da responsabilità civile e penale.
Anzi, le condotte sono considerate più gravi.
Pertanto, alle persone offese dal reato si consiglia di rivolgersi ad un legale per poter predisporre la migliore azione difensiva per la più efficace tutela.
(Fine)

A cura di Fabio Manfré, avvocato del Foro di Milano con studio anche in Legnano.

 

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