Giovanni Trapattoni: una vita meravigliosa. Al Milanino c’è un cittadino eccellente: icona dello sport italiano, che ha avuto una splendida carriera sia da giocatore, sia da allenatore di grandi club. Vi raccontiamo – a puntate – la sua storia, a partire dall’inizio: la vita in cascina, le corse a perdifiato dietro un pallone. Il papà che non voleva giocasse a calcio per paura che si ammalasse di tubercolosi…
La sua presenza si è fatta sempre più discreta negli ultimi tempi. Quattro passi, un’uscita di casa per recarsi in edicola insieme alla moglie. Il suo buen retiro è nel Milanino, fra il verde e i silenzi del quartiere. Gli si addice il posto. Cammina oggi a passi felpati, ma rimane in molti il ricordo delle sue cavalcate sui campi da gioco, i suoi fischi dalle panchine dei club più blasonati.
C’è un tempo e un suono per ogni stagione. Giovanni Trapattoni – per chi ancora non lo sapesse – è personaggio di livello internazionale: icona dello sport italiano, è stato l’allenatore più vincente a livello di club, una splendida carriera da giocatore, mentre da allenatore ha guidato grandi squadre italiane ed europee.
Da Ct, ha condotto l’Italia al Mondiale 2002 e all’Europeo 2004 e l’Irlanda agli Europei del 2012.
Oggi il suo regno è nel Milanino ma il “Trap” arriva da Cusano.
Nasce il 17 marzo 1939 in una cascina, la “Bernasciola” – c’è ancora eccome ! – dove vivevano altre 11 famiglie. Ci si arriva percorrendo una via stretta che tutti conoscevano come “La Streccia”. È meglio conosciuta con il nome di Cascina Guarnazzola ed è uno degli edifici più antichi di Cusano.
La famiglia Trapattoni viveva nella parte che si affacciava su via XXIV Maggio. In fondo al cortile c’erano le stalle delle mucche. La parte di cascina della famiglia Trapattoni aveva la cucina al piano terra e di sopra la camera da letto. I genitori dormivano nel letto matrimoniale, dietro un divisorio. Giovanni e il fratello si dividevano un letto a una piazza e mezzo.
Le tre sorelle condividevano un letto a tre piazze. Il papà, Francesco, lavorava alla Gerli, un’azienda di Cusano dove si produceva la seta artificiale.
Dopo otto ore di fabbrica andava ad aiutare i contadini della zona a falciare l’erba e a fare il fieno. A casa ci tornava dopo 13 ore di lavoro.
La mamma, Romilde, una bella signora lavorava negli orti al mattino, nel pomeriggio stava in casa a occuparsi della famiglia.
Dai discorsi dei genitori in casa, Giovanni impara presto a distinguere Cusano dal Milanino, la parte di paese al di là della strada provinciale. A scuola le differenze emergono, eccome!
I bambini che abitano nel Milanino sono più signorotti, vestono meglio, le loro scarpe sono robuste. Vivere a Cusano oppure a Milanino fa la differenza. Questa esperienza segna profondamente Giovanni per tutta la vita. Nel 1945 aveva iniziato a frequentare le elementari in via Edera a Milanino e qui fa il suo ingresso nel mondo.
Da bambino conosce la guerra: i bombardamenti, le esplosioni, le fughe nei campi. Per fortuna i bambini elaborano le guerre a loro modo, trattenendo persino gli aspetti più giocosi.
Il conflitto finisce quando Giovanni ha sei anni, arrivano gli americani con i loro carri armati e buttano cioccolata, sigarette, caramelle.
Il papà spinge Giovanni a studiare affinché prenda un diploma che lo affranchi dalla vita dei campi e delle fabbriche. Giovanni corre a perdifiato tutto il giorno dietro a un pallone. Quando i vicini di casa ammazzano il maiale, i bambini prendono la vescica della bestia e la riempiono di stracci. Ecco rimediato un pallone da usarlo e strapazzarlo a più non posso.
Di soldi in famiglia ce ne sono pochi. Durante le vacanze estive fa qualche lavoretto per dare il suo contributo. Arriva qualche spicciolo in più e talvolta la ricompensa è in natura.
La passione per il calcio arriva prestissimo. Giovanni tifa Boniperti e gli altri compagni della Juve. Al papà non piace il calcio perché teme che il figlio si ammali. Sudare, ammalarsi, prendere la tubercolosi era una specie di ossessione per le famiglie di quel tempo. Poi c’era il problema delle scarpe da condividere con il fratello Antonio e la paura che si rovinassero.
Le frasi del “trap”
- Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco.
- Il nostro caso è prosa, non poesia.
- C’è maggior carne al fuoco al nostro arco, anche se l’arco lancia le frecce.
- Noi non abbiamo vie di mezzo: o stiamo sulla luna o andiamo nel pozzo.
- Il pallone è una bella cosa, ma non va dimenticata una cosa: che è gonfio d’aria.
- Non compriamo uno qualunque per fare qualunquismo.
(Continua)
Tratto da Il Giornale di Cusano Milanino Edizione Maggio 2022
http://www.limedizioni.com/portfolio/il-giornale-di-cusano-milanino-maggio-2022/
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