Testo a cura di Rita Patanè
Claudio Licciardello, dal “Leonardo” di Giarre alle Olimpiadi di Pechino e Tokyo: l’allenatore delle Fiamme Gialle ed ex sprinter dimostra che anche da Giarre si può spiccare il volo.
“In corsia 2 il nostro italiano, Claudio Licciardello“.
Personalmente la ricordo bene quella semifinale dei 400 metri di Pechino 2008, il punto più alto del velocismo italiano alle Olimpiadi fino a quel momento. Perché poi sappiamo tutti com’è andata l’estate scorsa, con Marcell Jacobs, Filippo Tortu, Lorenzo Patta ed Eseosa Desalu a rincorrere, toccare e spaccare il cielo con un dito.
Inevitabile parlarne proprio con Licciardello, giarrese doc che le Olimpiadi le conosce bene. Certo raggiungerlo è stato difficile, ma per uno sprinter come lui ci sembra normale!
Andiamo però con ordine. Claudio Licciardello nasce a Catania l’11 gennaio del 1986 e cresce nella sua Giarre giocando, inevitabilmente, a calcio. Poi però al Liceo Scientifico “Leonardo” l’allora suo professore di Educazione Fisica, Filippo Polisano, lo instrada alla corsa; prima qualche prova a scuola, poi le sfide campestri e infine la prima vera gara su pista a Catania: 300 metri, record siciliano under 16 e strada – anzi, pista – segnata.
Finita la scuola il trasferimento a Catania con la Libertas sotto la guida del professor Filippo Di Mulo. Non una persona qualsiasi ma l’attuale Responsabile Nazionale Velocisti.
Di fatto, l’artefice di quella meraviglia che è stata la staffetta iridata 4×400 azzurra in terra giapponese.
«Quei quattro ragazzi a Tokyo ci hanno fatto godere, dimostrando che se vuole l’Italia può dare velocisti vincenti alla storia. E personalmente – afferma Licciardello – credo ne stiano nascendo altri, proprio nel nostro gruppo Fiamme Gialle».
Sì, perché Licciardello non ha mai abbandonato la velocità, ha solo saltato le tribune e ha cominciato ad allenare, ormai nel lontano 2016, sotto contratto delle Fiamme Gialle.
Dopo essere stato atleta olimpico, adesso è anche allenatore olimpico. Ha toccato l’esperienza grazie ad un proprio atleta – anche se non affiliato alle Fiamme Gialle – il cingalese Yupun Abeykoon. Per assurdo un’esperienza più stressante.
«C’è più pressione, diciamo, perché quantomeno l’atleta può sfogarla correndo e l’adrenalina si scarica. Le Olimpiadi, poi, fanno testo a sé. – continua Claudio Licciardello - Sono la manifestazione sportiva per eccellenza, ma a maggior ragione per l’atletica leggera i Giochi Olimpici rappresentano la meta principale di quattro anni di lotte, allenamenti e sacrifici.»
La fiamma dell’allenatore si accende tra il 2011 e il 2012, dopo essere tornato dagli States e per colpa di un infortunio deve seguire Londra 2012 soltanto in tv.
Galeotta fu l’esperienza con il mondo velocista americano sotto la guida di Loren Seagrave all’IMG Performance Istitute di Bredenton. Certo, anche l’ennesimo infortunio ha giocato un ruolo importante. Un problema – quello degli infortuni – cominciato tra il 2009 e il 2010 con il tendine d’Achille. E dire che proprio il 2009 era stato l’anno migliore per Claudio.
«Dopo Pechino 2008 sono arrivati gli Europei Indoor a Torino. Ho conquistato l’argento nella 400m e soprattutto l’oro nella staffetta 4×400, che ho avuto l’onore e l’onere di andare a chiudere come ultimo corridore.»
Nel 2014 l’ultima gara, poi la Laurea in Scienze Motorie e il contratto con le Fiamme Gialle. Una carriera che sta già dando delle soddisfazioni.
«Non solo i primati del Sud Asia e le Olimpiadi con Abeykoon, ma anche risultati e potenzialità che vedo in giovani come Angelo Ulisse e Chituru Ali. Angelo è già primatista juniores nella 4×100 e vicecampione italiano under 20 sui 100 metri, mentre Chituru ha delle potenzialità ancora inespresse ma che già si vedono su un fisicone da 1.97 metri. Vedremo ora la stagione che sta iniziando, prima con gli indoor invernali che finiranno con i Campionati Nazionali di categoria e poi, da maggio, con gli outdoor.»
Il presente e il futuro di Licciardello è però anche rappresentato dal Roma Sprint Festival, giunto alla sua seconda edizione:
«Sono tanto felice diessere il direttore di questo evento che vede la partecipazione di tanti atleti rinomati. L’obiettivo del progetto è farlo crescere fino alle cinque tappe, visto che in questo momento sono solo due, Roma e Grosseto. Anche se l’anno prossimo potenzialmente saranno tre aggiungendo Milano. Tutto nella speranza di renderlo un importantissimo punto di riferimento per l’atletica leggera italiana.»
Inevitabile è la chiusura sulla Sicilia, comunque protagonista delle già citate Olimpiadi di Tokyo 2020.
«In Sicilia c’è un fermento particolare. Tanti siciliani stanno facendo bene nell’atletica leggera, me ne vengono in mente due. Sono lo sprinter siracusano Matteo Melluzzo e l’ennese Filippo Randazzo, saltatore in lungo. Sono giovani, entrambi under 22, e potranno togliersi tantissime soddisfazioni. Gli auguro quantomeno la partecipazione a una finale olimpica, perché secondo me c’è possibilità che in futuro questo succeda.»