Testo a cura di Serena Pagano
Etna è anche il nome di una ninfa, la figlia di Gea e di Urano cioè la Terra ed il Cielo, proprio a significare la fusione che la vetta, con le effusioni delle lave provenienti dal centro della terra, compie nei nostri cieli.
La ninfa Etna con il suo amante Efesto, dio del fuoco, generò due gemelli, i dei Palici, protettori dei naviganti. Al fine di portare a termine la gravidanza, la ninfa Etna si nascose sotto il vulcano dando così per due volte alla luce i gemelli, sia quando partorì che quando uscirono dal ventre della montagna; la leggenda della ninfa Etna si intreccia con quella di Tifone.
Circa il mito di Tifone, il geografo Strabone riferisce che il gigante è sepolto nell’isola; quando si volta, sprizzano fiamme e acqua e talvolta persino isolette che contengono acqua bollente.
Antonio Liberale (II sec. d.c.), pur riprendendo il mito di Tifone seppellito sotto l’Etna, aggiunge che Zeus gli pone come custode Efesto, sulla cima della montagna; “questi, appoggiate le incudini sul collo di lui, lavora il ferro rovente” (Metamorphoseon synagoge 28,4,2).
Il sofista Flavio Filostrato afferma di aver sentito dire che i Catanesi credono che Tifone sia legato là (sull’Etna) e che da lui scaturisca il fuoco (Vita Apollonii 5,14,1).
La lotta di Tifeo, o Tifone, con Zeus generò appunto la leggenda, narrata anche da Esiodo nella sua Teogonia, di questo “Colapesce terreno” che, scaraventato dentro l’Etna da Zeus, fu condannato a sorreggere la Sicilia mantenendo i piedi sotto Lilibeo, l’attuale Marsala, il braccio destro sotto Capo Peloro (Messina) ed il braccio sinistro sotto Pachino (Siracusa) e trovandosi quindi con la testa sotto l’Etna. Proprio quando Tifeo si sveglia dal suo sonno tentando di muoversi e urlare infuriato, si producono terremoti ed eruzioni generati dal suo movimento e dalle sue fauci.
Intorno all’agrigentino Empedocle (490-430 a.c.), convinto di essere “dio immortale, non uomo” - come si autodefinisce ne Le purificazioni – dato il suo multiforme ingegno (fu politico, medico, filosofo, profeta e taumaturgo), fioriscono le più strane leggende; secondo quella più nota egli si lanciò nei crateri dell’Etna; mentre studiava un’eruzione.
Nei Testimonia 1,135 di Empedocle, Ippoboto descrive come avvenne la morte del filosofo: allontanatosi da una festa con ottanta invitati si diresse sull’Etna e giunto ai crateri di fuoco vi si lanciò dentro e fu distrutto, volendo essere riconosciuto come un dio.
Luciano fa parlare Empedocle nello Icaromenippus 13,16: questi si autodefinisce fisico e racconta che, gettatosi in uno dei crateri dell’Etna, il fumo del vulcano lo avrebbe portato in alto e lo avrebbe condotto sulla luna e andando a spasso per l’aria si sarebbe nutrito di rugiada. Nei Dialogi Mortuorum il sofista, rivolgendosi a Menippo, definisce Empedocle “mezzo cotto dall’Etna”.
Di Serena Pagano
(Continua)
Tratto da Il Giornale di Giarre edizione settembre 2021
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