Di Serena Pagano
L’Etna è sempre stata raffigurata in modo estremamente pittoresco; con le scoperte archeologiche di Pompei ed Ercolano, l’alta borghesia europea si trovò a rivedere i confini del Grand Tour sin allora tanto di moda, includendo così sia la Campania che, per le meraviglie della magna Grecia ancora esistenti, la Sicilia. Tale usanza generò quindi una lunga lista di visitatori in Sicilia, i quali furono catturati dal fascino che l’Etna emanava.
Incuriositi ed intimoriti, i viaggiatori si prodigavano quindi all’ascesa del vulcano, ammirandone i contrasti che la brulla lava o i filari di vigneti offrivano.
Jean-Pierre Houel restò incantato dalla nostra terra e produsse oltre 200 tavole il quale raccolse nei 4 volumi del suo “Viaggio pittoresco nelle isole di Sicilia, Malta e Lipari”.
La prima opera monografica sull’Etna viene scritta solo in età umanistica da Pietro Bembo (1470-1547), che nel 1496 pubblica a Venezia l’opuscolo De Aetna. Nel testo, strutturato in forma di dialogo con il padre, egli racconta l’esperienza del viaggio e dell’ascensione all’Etna, compiuti durante il soggiorno a Messina presso il maestro di greco Costantino Lascaris.
Sin dal Medioevo l’immagine letteraria del locus horridus trasferisce i suoi elementi costitutivi all’iconografia artistica: la pioggia di fuoco, le grotte, le selve e i gironi infernali, vengono rappresentati nelle illustrazioni a testi biblici, omerici e soprattutto alla Commedia di Dante.
Anche le prime immagini dell’Etna, prodotte e diffuse a scopo illustrativo attraverso le incisioni, importano questo modello semantico, ripetendosi con poche varianti fino alle soglie del XVIII secolo.
In una xilografia del XVI secolo, tratta da una delle numerose edizioni della Cosmographia universalis di Sebastian Munster (1488-1552), l’Etna fiammeggiante e terribile incombe sulla città di Catania, espressione della potenza della natura e del suo sopravvento sull’uomo.
Il tratto netto della tecnica xilografica si presta ad una rappresentazione semplificata in cui prevale l’interesse simbolico: la potenziale e venerabile distruzione che l’Etna ha in sé.
(Fine)
Tratto da Il Giornale di Giarre edizione settembre 2021
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